L’ inverno della famiglia

” Si è persa ormai la fiducia di fare figli e questa è una vera tragedia”. A dirlo è Papa Francesco nella sua lettera agli sposi, diffusa durante la giornata dedicata alla festa della Sacra Famiglia di Nazareth lo scorso 26 Dicembre. Il Santo Padre torna, dunque, dopo averlo già fatto in Amoris Laetitia, a parlare della famiglia e dei problemi che più la affliggono. E fra questi non può non esserci la diminuzione delle nascite che, secondo il Pontefice, starebbe generando un vero e proprio inverno demografico. Complice, infatti, il costante calo dei matrimoni e la crescente incertezza verso il futuro, molte giovani coppie si trovano costrette a rinviare il momento del concepimento. Esso è il dono più grande offertoci da Dio per realizzare quella comunione con lo Spirito Santo, iconograficamente rappresentata dalla notte di Betlemme. Eppure, nonostante ciò, l’Italia continua ad essere un paese con un tasso di natalità prossimo allo zero. Lo ha certificato anche l’ISTAT, il quale ha registrato un decremento del 2,5% delle nascite nel nostro paese rispetto al 2020( circa 12.500 bambini in meno per famiglia). A pesare, soprattutto, è il costo della crisi economica prodotto dalla Pandemia e l’aumento dell’aspettativa di vita media, che sta trasformando l’Italia in un paese di anziani. Parallelamente a tale innalzamento, aumenta anche l’età in cui le donne decidono di avere il primo figlio. Dai 28 anni del 1995 si è passati ai 32 anni come età media per concepire. Ulteriore nota dolente è, inoltre, il numero di figli per famiglia. In assenza di serie politiche a sostegno della famiglia, è sempre più alto il numero di nuclei con un solo figlio. Un fenomeno questo su cui si è soffermato anche Papa Francesco nell’Angelus di Domenica scorsa. Per il Santo Padre, infatti, tale scelta evidenzia la crisi profonda attraversata dall’istituto familiare. Un istituto sempre più minacciato dalle incomprensioni fra i coniugi e dal ricorso frequente al divorzio o alla separazione. Per Francesco, nella famiglia moderna manca quella interazione fra i suoi componenti in grado di trasformare il focolaio domestico in luogo dell’incontro e del dialogo. Un’attitudine che, a ben vedere, si è persa un po’ ovunque e che attesta, ancora più limpidamente, come la crisi della famiglia rispecchi la crisi della nostra società. Da qui l’invito del Papa alle giovani coppie a non nutrire risentimento gli uni verso gli altri e, soprattutto, a non stancarsi della vita coniugale, anche quando essa possa apparire gravosa o soffocante. Costruire una nuova famiglia significa, infatti, mettersi in gioco ogni giorno per trasmettere a chi verrà dopo di noi quegli stessi insegnamenti di cui siamo al contempo eredi e debitori nei confronti di chi ci ha preceduto. Un compito certamente non facile, essendo quello di istruire ed educare la missione più difficile affidata da Dio all’uomo, ma che reca con sé la più gratificante delle promesse: quella di vedere in un altro individuo la prosecuzione della propria opera e, in definitiva, della volontà del Creatore. Per questo motivo, non si può che accogliere l’appello di Sua Santità a fare di tutto per invertire la rotta e contrastare la galoppante recessione demografica. Essa è contro la famiglia, contro la patria e, infine, contro la vita. Se una società si rende sterile non vi può essere futuro. E senza futuro nessuna vita può dirsi degna di essere vissuta. Rammentiamolo sempre!

L’ irrazionale

Siamo minacciati dall’irrazionalità. A dirlo è il Censis nel suo consueto rapporto annuale sulla situazione sociale del paese. Secondo l’istituto di ricerca, una fetta sempre più consistente di italiani è vittima di falsi miti e credenze. Pregiudizi figli dell’ignoranza che, come in un circolo vizioso, alimentano quell’ isteria di massa che da mesi ha scelto come bersaglio privilegiato il vaccino anticovid. Non stupisce, quindi, che proprio al vertice della classifica stilata dai ricercatori vi siano i seguaci del movimento No Vax e No Green Pass. Per il Censis, infatti, il 5,9% degli italiani crede che il virus non esiste. Di questi l’11% ritiene il vaccino un farmaco sperimentale, dannoso per la salute dell’uomo e messo in campo dal mercato al solo scopo di lucrare sui relativi profitti. Da qui la fuga verso la medicina alternativa, ritenuta più affidabile di quella ufficiale, e la scienza alchemica praticata da maghi e sedicenti stregoni. Lo scetticismo verso la scienza ha, inoltre, favorito il rifiorire di altre teorie metascientifiche. Come il Terrapiattismo, ovvero la bizzarra credenza secondo cui la Terra non sarebbe rotonda, come accertato da Copernico, ma piatta( ciò è tale per il 5,8%) . Oppure la leggenda metropolitana secondo cui l’uomo non è mai arrivato sulla Luna( 10,9%). Tale negazionismo storico-scientifico ha, inoltre, rafforzato le più strambe teorie complottiste. Fra cui quella di stretta attualità che vede nella tecnologia 5G un sofisticato strumento di controllo del pensiero( 19,9%) o quella che ritiene l’immigrazione fuori controllo parte di un grande progetto di “sostituzione etnica”, perpetrata dalle élite mondiali per motivi pressoché ignoti( 39%). Concetti che esprimono in pieno i paradossi della modernità e che fungono da corollario per le paure dell’uomo del Terzo Millennio. Come ha giustamente rilevato il Censis, la fuga verso l’irrazionalità non è da intendersi come una semplice distorsione dell’attuale paradigma socio-economico, ma come un vero e proprio rifiuto della razionalità positiva. Quella stessa razionalità che ha permesso all’uomo nei secoli passati di progredire sulla strada della crescita e del benessere, ma che oggi fatica a dare risposte ai problemi del mondo. Ciò è ancora più evidente se si tiene conto che, malgrado l’impetuosa crescita del Pil di quest’ anno, l’81% degli italiani guarda con maggiore sfiducia al futuro rispetto agli anni passati. Insoddisfazione che, invero, colpisce soprattutto i giovani, per i quali in molti casi l’impegno profuso nello studio e nel lavoro non si rivela idoneo ad assicurare loro un avvenire certo e sicuro. Da qui la rivalutazione critica del passato e la ricerca di rimedi che permettano di distogliere l’attenzione dai gravosi problemi della quotidianità. Verrebbe quasi da dire, parafrasando Karl Marx, che l’irrazionalità negativa si appresta a diventare l’oppio dei popoli, favorendo in tal senso la creazione di una società di alienati. Al contrario, sarebbe più opportuno coltivare l’irrazionalità positiva esaltata dai romantici. Quella cioè, che vedendo nel sogno la sintesi perfetta fra ragione e sentimento, non degenera nella superstizione, ma che eleva verso la conoscenza. Condizione questa che, per citare Kant, dovrebbe indurre l’uomo a usare la propria intelligenza, rifuggendo da streghe e alchimisti.

C’era una volta la Mala del Brenta

Dopo anni di silenzio la Mala del Brenta è tornata a far parlare di sé. Era, infatti, dai tempi dell’arresto di Felice Maniero, suo storico e carismatico capo, che la malavita veneta aveva smesso di fare notizia. Un silenzio che, tuttavia, ha favorito la progressiva riorganizzazione della banda ad opera di esponenti della fazione mestrina e che ha interrotto anni di apparente torpore. Essi, secondo gli inquirenti, al fine di riprendere il controllo del territorio e recuperare il prestigio perduto erano pronti a colpire di nuovo, vendicandosi in primo luogo dei  clan concorrenti e dei membri della banda divenuti collaboratori di giustizia. Fra questi proprio Maniero, il cui pentimento nel 1994 aveva messo prematuramente fine alla storia della mafia del Triveneto. Regione che vai, dunque, malavita che trovi. Se, infatti, il Mezzogiorno d’Italia vanta una lunga tradizione criminale, originatasi all’indomani dell’unificazione e perpetuatasi con il brigantaggio, nulla di diverso si è verificato in Settentrione. Al contrario, quella formatasi nel Nord-Est  costituisce ancora oggi un caso di mafia autoctona, diversa e al contempo complementare a quelle sviluppatesi nell’Italia meridionale. Essa, similmente a quanto fatto a Roma dalla Banda della Magliana, è riuscita nell’intento di unificare la frastagliata malavita locale, dando forma e organizzazione a una criminalità ancora prettamente rurale. Malavita che, tuttavia, si ritroverà a fare ben presto il salto di qualità, essendo proprio in quegli anni( siamo sul finire degli anni “70”) il Veneto, in particolare Venezia e Padova, meta di soggiorno obbligato per alcuni esponenti di spicco di Cosa Nostra. Uomini che forniranno alle giovani leve del crimine locale un modello da seguire, permettendo loro di approfittare del fiorente traffico di droga che proprio in laguna aveva iniziato a sostituire il tradizionale contrabbando di sigarette e di generi alimentari. Fu così, allora, che nel giro di pochi anni nacque la Mala del Brenta, una banda che seminando terrore e morte riuscì a estendere il proprio potere su tutta la Val Padana. In particolare il suo capo, Felice Maniero detto “Faccia d’angelo”, con la propria intraprendenza riuscirà a ritagliare per i criminali di Campolongo sul Brenta( comune di nascita di Maniero e luogo di ritrovo dei suoi sodali) un posto d’onore nell’Olimpo del crimine italiano. Dallo spaccio di droga alle rapine, dai sequestri agli omicidi fino ad arrivare alle estorsioni ai danni dei cambisti del Casinò di Venezia saranno tante le azioni delittuose partorite e messe in atto da Maniero. Tuttavia, le inchieste giudiziarie dei primi anni “90”, unitamente al crescere del fenomeno del pentitismo, contribuiranno al rapido declino del sodalizio criminale che proprio con Maniero inizia e finisce. Le sue rivelazioni ai magistrati, infatti, porteranno al repentino smantellamento della sua banda, attirandogli l’odio di coloro che proprio con lui avevano iniziato la loro scalata al crimine. Un rancore che si è conservato negli anni e che oggi, all’indomani dei 39 arresti eseguiti dal Ros e dalla Dda di Mestre, continua ad alimentare il mito di questo Crono della malavita veneta, tanto onnipotente quanto sfuggente a qualsivoglia giudizio obiettivo. Un mito,che al pari di quello del Dio greco, rischia di trasformare Maniero da carnefice in vittima del primo parricidio della storia della mafia italiana.

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